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La terapia di coppia. Qualche cenno teorico.

 

a cura di Cinzia Gatti.

 

La terapia di coppia è nata nella seconda metà degli anni '40 in Inghilterra, nell'ambito della  'scuola britannica', che introdusse per prima i principi teorici e metodologici delle relazioni oggettuali: un cambiamento radicale del paradigma clinico rispetto alla classica teoria pulsionale di Freud. 

Lo psichiatra Henry Dicks, il promotore della terapia della coppia, fu attratto in particolare dalla concezione espressa da Fairbairn. Freud, entro il modello della propria teoria pulsionale, faceva iniziare tutto «dalla stimolazione del sistema nervoso a seguito di una eccitazione di varie zone erogene». Fairbairn considerava invece lo stadio di dipendenza infantile da un oggetto gratificante - tipicamente la madre - come il punto di partenza della capacità di intrecciare e sviluppare rapporti umani. 
Dicks vede nel matrimonio, o in una relazione affettiva duratura e significativa, una specie di 'relazione terapeutica naturale', in quanto tesa a trasformare e rigenerare quanto già sperimentato sul piano affettivo nei contesti familiari di provenienza: ciascuno affida all'altro bisogni, desideri e necessità di riparazione e l'altro li deve almeno in parte accogliere (e possedere, in virtù di qualche tipo di “gancio” alla proiezione) per restituirli trasformati dall'intreccio relazionale.  

Secondo Jung le motivazioni che sottendono alla scelta del partner traggono infatti origine soprattutto dai genitori: «è in primo luogo il tipo di legame con i genitori a influenzare a livello inconscio la scelta del coniuge, favorendola od ostacolandola» (Jung C.G. 1925, p.184). 

Una tale intima comunione di emozioni, un tale intrecciarsi di mondi interni può essere usato all'insegna dell'evoluzione e di una progressiva individuazione e separazione, oppure può rappresentare la messa in atto di una coazione interna regressiva, dando vita a relazioni perverse e mortifere, che non riescono ad aprirsi al cambiamento. L'altro può venire utilizzato per proiettare aspetti di sé che si considerano inaccettabili e il partner può accettare di farsi interprete di una tale proiezione, proponendo a sua volta un copione interno speculare.
La membrana diadica che avvolge i due partner può essere così rigida da non consentire a nessun elemento a di penetrare e non lasciare così spazio al cambiamento ed alla scoperta, all'emergere di nuovi aspetti di sé che non erano compresi nell'ingaggio iniziale. 

 

Rocca Guidetti, Corridore, Dragone, Rondanini e Stella evidenziano ne I quaderni di cultura junghiana (2013) come la prima domanda da porsi rispetto ad una coppia sia proprio relativa a quale uso venga fatto della relazione e cioè se si tratti di complementarietà riparativa o di collusione disadattativa. In quest'ultimo caso è la relazione ad essere malata, prima ancora che ciascuno dei partner ed è essa che in terapia di coppia deve essere trattata. La coppia deve essere luogo di arricchimento e di scoperta, in modo tale da favorire la crescita di ciascuno dei membri.

L'obiettivo della terapia è di favorire un migliore adattamento alla realtà interna ed esterna, una maggiore coscienza di sé e d elle proprie emozioni e una tendenza meno cieca alla proiezione, in modo da poter scegliere in piena coscienza se e come proseguire il rapporto.