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Preadolescenza: cosa succede a mio figlio?


Pre adolescenza e adolescenza: cosa succede a mio figlio?
a cura di Dott.ssa Marta Livio


   I ragazzi intorno agli 11 - 12 anni cambiano atteggiamento nei confronti dei  genitori e le persone adulte in genere.
Se quando sono piccoli generalmente chiedono aiuto e desiderano la vicinanza di un adulto quando crescono paiono ostili e non vogliono mostrarsi agli amici o ai compagni di classe in presenza di adulti.
Sono sempre connessi con il web e riescono a stare diverso tempo al cellulare a chattare. Spesso gli insegnanti riferiscono comportamenti diversi da quelli che hanno a casa o in famiglia e i genitori si chiedono, ma chi è veramente mio figlio? I cambiamenti in quest'età sono molto veloci, nuovi e vissuti spesso dagli adulti, ma dai ragazzi stessi come “ingestibili”. 

La Pubertà


A questa età inizia una fase chiamata pubertà. Nella pubertà vi è la maturazione dei caratteri sessuali primari e secondari (accrescimento scheletrico e aumento della statura comparsa della pelosità pubica, sviluppo del seno o del pene e aumento del volume dei testicoli, pelosità del viso, acne, cambiamento di voce nel maschio ecc.).
Questo cambiamento va incontro ad una notevole variabilità da soggetto a soggetto, sia per quanto riguarda l'età di inizio sia per la durata dell'intero processo di sviluppo. Storicamente, però, vi sono stati dei cambiamenti importanti, per cause ancora da valutare la pubertà è decisamente anticipata rispetto alle epoche precedenti. I dati sono differenti anche solo confrontandoli con quelli di 50 anni fa. Sappiamo che la comparsa del menarca nel 1860 era in media intorno ai 16 anni ora si colloca verso i 12 e mezzo.

Questa fase di nuova identità corporea è sempre accompagnata da un cambiamento psicologico importante che, spesso, però, non segue i tempi della crescita fisica.

La pubertà, come abbiamo visto, è anticipata mentre la crescita psicologica e la maturità si sono spostate in là nel tempo.

La preadolescenza è quindi una fase di passaggio fondamentale in cui si creano visioni corporee , consapevolezze di sé e del mondo circostante, reti di relazioni e ricerche di autonomie fondamentali per lo sviluppo successivo.
 

La Preadolescenza

  La preadolescenza si contraddistingue come «età del cambiamento»: lo sviluppo fisico, sociale e cognitivo innescato dalla pubertà implica, a livello psicologico, il passaggio attraverso una serie di tappe e il superamento di quelli che potremmo chiamare alcuni “compiti” di sviluppo. Questo periodo è oggi considerato un periodo della crescita a sé stante, mentre in passato veniva o associato all'adolescenza o all'età infantile.

Ultimamente è emerso invece, da un punto di vista psicologico, come questa fase abbia delle caratteristiche proprie e coincida con il periodo delle scuole medie (scuola secondaria di primo grado).   Questa stagione di vita può anche essere, in modo sintetico, definita un grande e lungo percorso di identificazione. I ragazzi iniziano a confrontarsi con il mondo dei pari in modo esclusivo e ciò tal volta viene vissuto dagli adulti come un atteggiamento pericoloso. I pari diventano la loro maggiore preoccupazione e l'identificazione con il gruppo di riferimento anche attraverso lo stile di vita (il modo di vestire, il linguaggio, le prove di forza con gli insegnanti) è di fondamentale importanza in questa fase di sviluppo. Permette loro di trovare altri punti di riferimento oltre alla famiglia. Inoltre, a livello cognitivo, nella scuola secondaria inferiore l'intelligenza del ragazzo compie l'evoluzione verso il “pensiero ipotetico-deduttivo” (soluzione dei problemi) e il “pensiero complesso” (strutturazione di fatti diversi che si coordinano e influenzano tra di loro per giungere ad un certo esito):l'intelligenza si struttura quindi come nell'individuo adulto. Ciò significa che il ragazzo sarà portato a trovare delle posizioni originali rispetto al pensiero familiare e a sperimentare attraverso ipotesi e deduzioni alcuni comportamenti nuovi.   Tutto ciò crea nell'individuo (e spesso anche in chi lo circonda) una certa ansia perché i mutamenti sono molteplici, radicali e improvvisi e, soprattutto, perché spesso non si possiedono ancora gli strumenti adeguati a livello psicologico per poterli affrontare ed elaborare.  
Quest'epoca è, inoltre, intrinsecamente e fortemente legata al conflitto.

Ciò è evidente nei rapporti interpersonali con i genitori, i fratelli, con gli amici e con i compagni di classe. Spesso questo conflitto riflette un conflitto interno che viene detto intrapsichico. Tale condizione che, come genitori notiamo in atteggiamenti contrastanti e ambivalenti (non ho voglia di impegnarmi, ma vorrei ottenere dei buoni risultati nella scuola e nello spor, desidero essere libero e indipendente, ma ho paura di quello che mi può succedere ecc.), porta tal volta disagio e mancanza di energia e concentrazione. Chi è in una situazione conflittuale spesso non se ne rende conto e il senso di disagio aumenta l'indecisione sulle scelte che in questo periodo sono molto importanti.    Come è stato detto, mentre lo sviluppo fisico e quello sessuale storicamente sono sempre più precoci quello sociale e quello cognitivo sono posticipati rispetto ai primi. Sono, quindi, le figure di riferimento, genitori, insegnanti o, se il conflitto diventa maggiormente opprimente, psicologi, a prendersi cura e a identificare quali sono gli elementi del conflitto in modo tale da consentire al ragazzo di superare il momento di empasse con successo.

Tollerare, saper gestire e superare i conflitti significa mettere dei mattoncini che permettono ai ragazzi di crescere serenamente ed avere sempre più fiducia in loro stessi.     A volte, però, questi cambiamenti sembrano ingestibili e i genitori si trovano spiazzati, disorientati, come se la discontinuità di atteggiamenti prendesse il sopravvento sulle continuità e sull'equilibrio che pur ci sono.  

Cosa si può fare?

Il preadolescente richiede implicitamente l'aiuto dei genitori anche se sembra fare il contrario. Egli si sente nervoso, normalmente ha difficoltà ad accettare il suo corpo che sta crescendo. Talvolta questa nuova “identità corporea” crea difficoltà anche nel rapporto con i pari e nelle relazioni con l'altro sesso, che sono già naturalmente complicate a quest'età. L'atteggiamento verso l'adulto è spesso ambivalente e non è strano sentire un ragazzo che dice “lasciami in pace” e due minuti dopo si lamenta perché non lo si aiuta abbastanza. L'ambivalenza è proprio una caratteristica precipua della preadolescenza.   Ma cosa può fare un genitore? Innanzi tutto è possibile osservare con attenzione i nostri figli. Gli atteggiamenti cambiano, ma chi abbiamo di fronte è sempre lo stesso ragazzo/a, quindi è importante osservare se ci sono dei disagi che non ci sembrano normali. L'osservazione e soprattutto l'ascolto sono elementi essenziali nella relazione.

Secondariamente è necessario lasciare spazi di autonomia ma verificare che questi spazi i ragazzi sappiano gestirli. E'importante dare delle regole chiare e precise, ma anche permettere loro di gestire spazi e tempi in modo che gradualmente possano sentirsi più autonomi e acquisire più fiducia in loro stessi. Ciò non significa accondiscendere a ogni loro richiesta, ma cercare di accompagnarli nel faticoso compito della crescita limitandoli quando i loro comportamenti diventano intollerabili. Ed è importante anche riconoscere che un ragazzo che frequenta le scuole medie non è ancora in grado di gestire il tempo in completa autonomia, come a volte gli viene richiesto. Un passo successivo è cercare un terreno comune per condividere eventi, emozioni, frustrazioni.

Tal volta è importante lasciare da parte tristezze e incomprensioni e provare a condividere qualcosa della loro realtà, vedendo insieme una serie che gli piace, giocando alla play station con loro, leggendo un libro che a loro è piaciuto e parlandone insieme a cena. E, soprattutto, non bisogna mai banalizzare ciò che gli succede: sia che si tratti di una litigata con l'amico/a del cuore o che sia la cotta per il/la compagna/o. Mettere in ridicolo o minimizzare, senza dare la giusta importanza, provoca risentimenti e ferite che minano l'autostima, già difficile da conquistarsi in questo periodo di sviluppo.   In conclusione, possiamo dire che se nell'infanzia si è costruita una relazione sufficientemente buona tra genitori e figli questa farà da ponte anche in una situazione sicuramente più conflittuale e meno gratificante, ma tuttavia non meno importante nei confronti del preadolescente. Trovare i mezzi per rintracciare i semi della relazione attraverso lo sguardo genitoriale è importantissimo per permettere ai ragazzi di affrontare con successo questo momento della vita a volte difficile e impegnativo. Il cambiamento che questa fase porta all'interno della famiglia può essere visto come risorsa per trovare nuovi spunti e più soddisfacenti equilibri familiari.  



A cura di Marta Livio Psicologa clinica Piazza Vittorio Veneto, 14 Torino Cell.3665214982