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La psicoterapia dell'adolescente


a cura di Cinzia Gatti

La terapia dell'adolescente deve accogliere e favorire i suoi aneliti spirituali e la sua spinta verso la vita, restituendolo ad essa nel minor tempo possibile.

Richard Frankel, nel suo testo  del 2001 L'adolescente in analisi, evidenzia come sia possibile guardare all'adolescenza da prospettive differenti e come la prospettiva che adottiamo influenzi profondamente il tipo di psicoterapia offriamo. 

Tre sono in particolare gli orientamenti che a Frankel sembra di rintracciare in ambito psicologico nella comprensione teorica del periodo adolescenziale:

La prima direzione è di tipo causale e ricerca nel passato le ragioni delle successive evoluzioni, cercando di far risalire tutte le problematiche adolescenziali a quelle infantili.

Il secondo orientamento consiste nel porsi il più possibile nella posizione dell'adolescente, adottando una prospettiva di tipo fenomenologico.
Riferisce Frankel che “Sviluppare una visione fenomenologia gioca un ruolo cruciale anche nel corso del trattamento. Ciò che è terapeutico per un adolescente è avere garantita l'opportunità di rivelare se stesso nel contesto di una relazione genuina. Gli adolescenti anelano a essere resi visibili. Di conseguenza essi rispondono al contenimento terapeutico dando espressione a parti del Sè che sono tipicamente tenute in sospeso” (Frankel, 2001, p. 24).

Il terzo orientamento, di tipo teleologico, si interroga essenzialmente su quale sia la specifica funzione di un determinato sintomo o modello di comportamento, guardando ad esso come ad una simbolizzazione di un futuro possibile.

L'adolescente inevitabilmente si trova diviso tra una tensione regressiva verso il passato e verso l'infanzia e dall'altra parte un movimento in avanti verso il mondo:  
guardare a lui soltanto da una prospettiva evolutiva lo lascia orfano di una prospettiva verso il futuro, colludendo con la disperazione che colpisce tanti adolescenti in crisi e che forse oltre che un problema individuale si pone anche più generalmente come un problema di tipo sociale, che della crisi che stiamo vivendo è figlio.


La prospettiva psicoanalitica

Freud dà inizio all'orientamento di tipo evolutivo, descrivendo l'adolescenza essenzialmente come ricapitolazione delle esperienze infantili.
Ne “La trasformazione della pubertà”, parte finale dei Tre saggi sulla teoria della sessualità (1905) Freud dà dell'adolescenza una descrizione in negativo, evidenziando come non si tratti del primo risveglio della sessualità, ma di una sua riattivazione.
Freud considera l'adolescenza il periodo in cui i desideri sessuali del bambino perverso polimorfo devono trovare la loro “normale” finalità, sottomettendosi al primato della zona genitale e alla finalità riproduttiva.
 Questo processo va incontro alle difficoltà quando si è verificata una fissazione ad una fase precedente, a causa dell'eccessivo eccitamento e piacere che ne è derivato.
Dal punto di vista psicologico il secondo importante processo di trasformazione che caratterizza la pubertà è quello della ricerca di un oggetto di amore.
Le trasformazioni puberali riattiverebbero le pulsioni incestuose ed è proprio nel ripudio delle fantasie incestuose che Freud vede la conquista psicologica più difficile e significativa dell'adolescenza stessa

Blos (1967) considera invece la regressione dell'Io durante l'adolescenza una componente essenziale del processo di sviluppo. Sulla scorta della teoria di Margaret Mahler (1963) Blos definisce l'adolescenza come il secondo periodo di separazione-individuazione, in cui momenti regressivi e progressivi sono funzionali alla separazione dalle figure parentali e all'ingresso nel mondo.
L'adolescente desidera la gratificazione della pulsione, ma allo stesso tempo teme di legarsi nuovamente alle figure di amore infantile: soltanto la regressione a stati infantili infantili dell'Io consentirà però la trasformazione della pulsione.
La regressione dell'Io in adolescenza fa sperimentare nuovamente stati di abbandono o parziale abbandono dello stesso, che servivano come rifugio dalla tensione durante l'infanzia, ma non interessano mai la totalità dell'Io stesso, che rimane in grado di autoosservarsi.
Blog  evidenzia esempi di questo fenomeno nell'idolatria per personaggi famosi, analoga all'idealizzazione delle figure dei genitori durante l'infanzia, o nell'appassionata adesione ad idee politiche che consentono temporaneo sollievo dalla confusione che l'adolescente sperimenta.
L'adolescente ripeterebbe di nuovo le vicende infantili, in particolare quelle traumatiche, con un intento riparativo, per risperimentarle in modo non più inerme come era accaduto durante l'infanzia ma attivo, in modo da trasformare le proprie strutture psichiche.
Tale regressione tuttavia è possibile solo in un Io sano, esponendo altrimenti a rischi di patologia: la regressione ad un io della prima infanzia seriamente carente trasformerà una impasse evolutiva, tipica dell'adolescenza, in una malattia psicotica temporanea o permanente e l'Io rimarrà totalmente travolto.

La psicologia analitica evolutiva

L'approccio junghiano alla psicologia evolutiva sposta l'attenzione dall'Io e le sue difese alle trasformazioni del Sè e delle sue proprie difese.

Michael Fordham (1957, 1994) per primo rese operativo il modello teorico di Jung del Sè nei termini di costrutto evolutivo.
Fordham ipotizza un Sè primario che contiene tutte le potenzialità archetipiche che si possono poi esprimere nel corso della vita.  il Sè primario va in pezzi alla nascita, in conseguenza dell'inondazione di stimoli e a questo momento di angoscia segue una successiva ristabilizzazione. 
Il processo di deintegrazione-reintegrazione si ripete più volte, sempre più intervallato sino ad una relativa stabilità.
La pubertà vede verificarsi una deintegrazione funzionale allo sviluppo, che permette l'apertura agli stimoli interni ed esterni e che riecheggia la teoria di Blos.
La reintegrazione deve essere permessa e non bloccata come avviene con la disintegrazione, che può essa pure verificarsi e che per il suo carattere totalizzante non permette una successiva reintegrazione.

SIdoli evidenzia come nella fase di reintegrazione adolescenziale si possa verificare una regressione agli oggetti primari, che vengono tuttavia rinvenuti nella fase preedipica, sulla scorta delle teorie di Melanie Klein. 

Frankel evidenzia che gli oggetti primari non vadano rintracciati nella reale relazione tra madre e infante, ma piuttosto considerati in termini di attivazione delle imago parentali presenti nell'inconscio collettivo, di cui viene evidenziata, conformemente a quanto teorizzato da Jung in Simboli della trasformazione, la funzione rigenerativa psicologica e spirituale - si tratta, di nuovo. di una regressione funzionale alla progressione ed il confronto con l'archetipo della madre e quello del padre traghettano verso la formazione di una identità adulta.

Utilizzando la teorizzazione di Hillman, Frankel fa ricorso alla figura del puer, qui inteso come anelito spirituale, per amplificare i fenomeni caratteristici dell'adolescenza.
 
Quanto caratterizza l'adolescente sarebbe a parere di Frankel proprio la sua peculiare apertura allo spirito ed alla sua chiamata.

Scrive Hillman: La gioventù porta con sé il significato del divenire, della crescita che si auto-corregge, dell'essere oltre se stessi (gli ideali), giacché le sue realtà sono in status nascendi… la gioventù è l'emergere dello spirito nella psiche (pp. 189-190).

Gli adolescenti hanno spesso la capacità di immaginare dove sono diretti nel mondo, anche se spesso manca loro la capacità di attuare quanto intuiscono e portarlo nella vita.

Gli aspetti grandiosi non devono essere scoraggiati, ma al contrario deve essere stimolato l'aspetto immaginativo, consentendo il dispiegarsi delle differenti voci: la richiesta dei genitori e le loro aspettative, gli aspetti comuni e quelli differenti rispetto ai coetanei.

Le capacità di autoguarigione devono essere colte e l'intervento psicoterapico, concordemente a quanto afferma Winnicott, deve attuarsi soltanto quando l'adolescente è stato per qualche ragione espulso dal corso del suo sviluppo e soltanto per farvelo rientrare: è importante cogliere il desiderio di allontanamento dell'adolescente ed assecondarlo, lasciarlo seguire il richiamo della vita che in questa fase è particolarmente significativo - le terapie non potranno che essere brevi.

L'esito della terapia ed il suo obiettivo non sono un giovane adulto integrato ma un adolescente in grado di affrontare le differenti crisi che pure si presenteranno e che sono intrinseche e costitutive del suo sviluppo. 

dott.ssa Cinzia Gatti, psicologa
Piazza Vittorio Veneto, 14 - 10123 Torino.
www.cinziagattipsicologatorino.it